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LA RESPONSABILITA' AMMINISTRATIVA

DEGLI ENTI

ex D.Lgs 231/01

Che cos’è la responsabilità amministrativa degli enti?

    Dei reati, sino al 2001, rispondevano soltanto i loro autori persone fisiche, mentre società e persone giuridiche potevano essere chiamate esclusivamente al risarcimento dei danni causati dall’autore del reato. 

    Oggi invece, oltre ad un eventuale responsabilità civile, le società possono essere direttamente coinvolte nel Procedimento penale volto all'accertamento di fatti di reato commessi in ambito sociale, venire condannate in modo indipendente e vedersi comminate specifiche sanzioni di natura amministrativa in ragione di reati commessi da soggetti che operano all’interno dell’ente.

 

    Questo accade per una serie ben precisa di reati che sono tassativamente elencati in un "catalogo" previsto dal D.Lgs. 231/2001. Tale catalogo, inizialmente limitato a poche ipotesi delittuose, ha visto nel tempo il Legislatore estendere le fattispecie penali causanti responsabilità dell’ente sino a coprire oggi sostanzialmente quasi tutte le aree sensibili dell’attività sociale e imprenditoriale.

In particolare le società possono essere oggi chiamate a rispondere e condannate per:

  • indebita percezione di erogazioni pubbliche;

  • delitti informatici;

  • criminalità organizzata;

  • concussione e corruzione;

  • falsità in monete;

  • delitti contro l’industria e il commercio;

  • reati societari;

  • terrorismo ed eversione;

  • mutilazioni femminili;

  • delitti contro la personalità individuale;

  • abusi di mercato;

  • infortunistica sul lavoro;

  • ricettazione e riciclaggio;

  • violazione del diritto d’autore;

  • induzione a rendere falsa testimonianza;

  • reati ambientali;

  • impiego di lavoratori irregolari;

  • procurato ingresso illecito e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina;

  • razzismo;

  • frodi sportive;

  • reati transnazionali;

  • reati tributari;

  • reati di contrabbando.

 

    Il catalogo di reati presupposto è in costante aggiornamento ed è per questa ragione che è oggi sempre più frequente il coinvolgimento delle società nei processi penali per i reati commessi al proprio interno. 

    Si assiste, così, negli ultimi tempi ad una sempre maggiore attenzione da parte delle Procure al fenomeno della responsabilità degli enti, che oggi molto più che in passato vengono chiamati a rispondere a fronte di illeciti penali commessi al loro interno.

 

Come, quando e perché rispondono le Società?

    La responsabilità amministrativa della società viene in rilievo nel momento in cui gli apicali (soggetto o gruppo di soggetti che abbiano compiti di direzione e controllo anche di fatto sull’ente o su una parte di esso) o i subordinati (coloro che non hanno autonomia di decisione all’interno dell’ente) commettano un reato del catalogo da cui la Società possa trarre un interesse o un vantaggio.

 

   L’interesse consiste in una “finalizzazione soggettiva della condotta” a favore dell’organizzazione collettiva da parte dell’agente persona fisica (apicale o subordinato) ed è pertanto da valutare ex ante rispetto alla realizzazione del reato.

   Il vantaggio conseguito dalla società, posto che esso può essere tratto dallo stesso anche qualora manchi nel reo la volontà di agire nell’interesse della persona giuridica, presenta invece caratteri “più marcatamente” oggettivi e “patrimoniali” e richiede pertanto una valutazione che potrà essere compiuta soltanto ex post.

   Pertanto, la Società potrà vedersi chiamata a rispondere anche con riferimento a tutte quelle condotte delittuose che pure non siano state poste in essere nell'interesse della stessa - ma piuttosto nell'interesse proprio e specifico del soggetto agente - ma in conseguenza delle quali la Società abbia, comunque, tratto un vantaggio, finanche indiretto e non voluto.

 

 

Quali sono le possibili sanzionI?

    Nei casi descritti la società rischia sanzioni molto significative che possono essere pecuniarie, interdittive, confisca e pubblicazione della Sentenza.

      La responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/2001 (art. 25-septies) prevede, infatti la possibile applicazione di sanzioni pecuniarie, che possono arrivare a superare anche il milione di euro.

 

   Parimenti afflittive sono, poi, le sanzioni interdittive - previste in misura minima di 3 mesi e fino ad un anno di durata massima - che possono essere: l’interdizione dall’esercizio dell’attività; la sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze, concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione; l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni servizi.

Trattasi di sanzioni che sono certamente tali da poter recare pregiudizi significativi al prosieguo stesso delle attività sociali.

 

    Non solo, ma - con riguardo alle ipotesi previste dalla Legge - l’Ente potrà essere attinto dalla confisca, diretta o per equivalente, nonché potrà essere attinto - nella pendenza del procedimento - da provvedimenti sequestro preventivo, di cui all’art. 53 del citato Decreto.

 

Quali sono i possibili rimedi?

   In tale contesto normativo, la questione che si pone, oggi più che mai, sul piano delle scelte e della compliance aziendale è, dunque, la seguente: è possibile, per la Società, evitare il rischio di venire assoggettata alle summenzionate sanzioni, pur nell’ipotesi di contestazione di fattispecie di reato commesse nell'ambito delle attività aziendali?

 

   La risposta è, fortunatamente, positiva: l’art. 6 del D.lgs. 231/2001 prevede, infatti, che l’ente non risponde dei reati cd. presupposto commessi dai soggetti responsabili di cui all’art. 5 del medesimo decreto se prova di aver “adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi”.

    Le società possono, dunque, andare esenti da responsabilità nel momento in cui dimostrino di essersi dotate di adeguati modelli di organizzazione gestione e controllo.

Si tratta di procedure interne che fotografano la realtà aziendale e che incentivano una organizzazione interna improntata alla trasparenza ed alla correttezza. 

L’adozione e corretta applicazione del modello organizzativo consente, dunque, alle società di dimostrare la propria estraneità rispetto al reato commesso al proprio interno e, dunque, di non incorrere in alcun tipo di responsabilità o di sanzione.

  

   Sul punto la Giurisprudenza ha infatti statuito che: “La colpa di organizzazione, da intendersi in senso normativo, è fondata, nel sistema introdotto dal d.lgs. n. 231 del 2001, sul rimprovero derivante dall'inottemperanza da parte dell'ente dell'obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo, dovendo tali accorgimenti essere consacrati in un documento che individua i rischi e delinea le misure atte a contrastarli” (Cass. Pen., sentenza 18842 del 6 maggio 2019).

    Il rilievo che il modello assume nell’esimere la colpevolezza della società comporta, evidentemente, la necessità che lo stesso abbia caratteristiche e qualità tali da consentire di mandare esente la Società da responsabilità, e dunque la necessità che lo stesso sia redatto da esperti della materia, in grado di valutare tutte le aree di criticità e di rischio all’interno dell’azienda e le condizioni indispensabili perché il modello possa essere ritenuto pienamente idoneo ed adeguato.

Il Modello deve inoltre essere in grado di “adattarsi” all’ente e rispondere in modo costante e “vivente” al compito di impedimento dell’agire illecito endosocietario, anche alla luce delle continue modifiche ed integrazioni normative.

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